Il 2023 è stato un anno letale: alla fine dell’anno l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni ha contato almeno 2.271 morti e dispersi solo sulla rotta del Mediterraneo centrale (3.041 nell’intero Mediterraneo), un aumento del 60% rispetto all’anno precedente. Come sempre, le stesse agenzie ricordano che sono sottostime, e i numeri reali non saranno mai accertati perché molte vittime non saranno mai recuperate.
Era dal 2017 che non si contavano tanti uomini, donne e bambini morti in mare.
Nel 2023, secondo i dati di Frontex, le crisi economiche, politiche e ambientali nei Paesi di origine hanno costretto più persone a cercare protezione in Europa, portando a un aumento del 7% degli arrivi complessivi alle frontiere esterne; l’aumento maggiore riguarda le traversate del Mediterraneo: +49% rispetto all’anno precedente. L’aggravio delle vittime, oltre al numero delle traversate, quest’anno è fortemente collegato anche alla situazione sulla rotta tunisina: la crisi economica e sociale in Tunisia, le politiche razziste del governo tunisino e l’utilizzo delle persone migranti come arma nelle negoziazioni con l’Europa hanno fatto sì che nel 2023 il numero di partenze dalla Tunisia abbia superato quello dalle coste libiche. E gran parte di questo massiccio flusso di persone disperate è stato costretto in mare sulla novità letale di quest’anno: lamiere di ferro precariamente saldate insieme che è difficile definire barche, senza galleggiabilità intrinseca e inadatte alla navigazione; l’impatto con il mare fa saltare le saldature, ma basta anche un’onda che finisce dentro la barca per comprometterne la stabilità e farla colare a picco.
“Le barche in ferro che partono oggi dalla Tunisia sono le imbarcazioni più pericolose che abbiamo mai visto nel Mediterraneo”, ha sottolineato l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni.
Il numero delle persone in pericolo in mare, in particolare nei mesi estivi e autunnali, ha richiesto enormi sforzi al sistema di ricerca e soccorso, a partire dalla Guardia costiera italiana, responsabile della gran parte dei salvataggi; a fronte dei naufragi e dei distress quotidiani, anziché agevolare le navi di soccorso della flotta civile, il Governo italiano ha proseguito a ostacolarne le attività. L’assegnazione di porti distanti (che allontana le navi dalle zone dei naufragi, aggrava le sofferenze dei naufraghi e gli oneri economici per le organizzazioni), i fermi amministrativi, la campagna di screditamento e criminalizzazione delle persone migranti e della solidarietà: a fronte di uno spaventoso aumento dei morti e dei naufragi, il Governo sceglie di continuare a punire le navi di soccorso.
Alle vittime in mare si aggiungono quelle dei respingimenti: nel 2023 almeno 17.190 persone, secondo l’OIM Libia, sono state intercettate in mare e riportate in Libia contro la loro volontà.
L’anno era iniziato con la strage di Cutro, a pochi metri dalle nostre coste. Solo un mese dopo, il 12 marzo, un altro naufragio annunciato senza che le autorità tentassero alcun soccorso è costato la vita a decine di persone. Il 14 giugno, presso Pylos, la storia si ripete: almeno 500 morti, tra cui un centinaio di bambini. E mese dopo mese, con il mutare delle stagioni e l’esplosione della rotta tunisina, siamo arrivati a questo drammatico bilancio di vite perse.
Non sono tragiche fatalità: sono il risultato delle politiche europee sui flussi migratori, che chiudono i canali di accesso sicuri e legali e non lasciano altra via che quelle illegali; che spostano indietro la frontiera dell’Europa, delegandone il controllo a chi non rispetta i diritti umani; che trattano chi è in mare come un problema di sicurezza, non come una vita da soccorrere e tutelare, e che si traducono in respingimenti, violazioni dei diritti umani, omissioni di soccorso, ostacoli alla capacità di salvataggio.
Le premesse per il 2024 non sono migliori: il Patto europeo su migrazioni e asilo, approvato alla fine dell’anno, insiste nella direzione dell’esternalizzazione delle frontiere e della riduzione delle tutele e dei diritti dell’individuo.
Oggi più che mai, c’è bisogno di tenere alta l’attenzione su quel che succede nel Mediterraneo, c’è bisogno dell’aiuto di tutti per salvare le persone e salvaguardare i diritti umani.