La ResQ People è finalmente arrivata da Napoli a Siracusa, pronta a tornare operativa. A bordo si completa l’equipaggio marittimo (sulla nostra nave sono nove persone) mentre le volontarie e i volontari in attesa ricevono la chiamata di Lia: “Prendete i biglietti, vi aspettano”. Tutti a bordo, quindi: sul ponte di comando, in sala macchine e in coperta, insieme al capomissione e i volontari specializzati dei diversi dipartimenti, dottoressa e infermiera, mediatori e mediatrici culturali, soccorritrici e soccorritori, logista e cuoco.
Queste settimane sono necessariamente intense: imbarcare le scorte per la cambusa, controllare gli inventari e rifornire quel che manca, fare le formazioni teoriche e pratiche per l’equipaggio sul soccorso in mare, la cura dei sopravvissuti, la vita sulla nave; tutto quel che serve sapere e saper fare in un’operazione di ricerca e soccorso in mare.
La ResQ People salpa da Siracusa con a bordo un equipaggio di 20 persone provenienti da nove diversi Paesi; fa rotta verso la zona di ricerca e soccorso sulla cosiddetta rotta tunisina. Sono le settimane più drammatiche degli ultimi mesi nel Mediterraneo centrale, con migliaia di persone che rischiano la vita in mare e quotidiane violazioni dei diritti umani.
Navighiamo verso la zona SAR e approfittiamo di questo tempo per fare le esercitazioni che non si potevano svolgere in porto, come calare e recuperare i due gommoni di soccorso – Theresa e Lisa Fittko – dalla nave in movimento. Appena arrivati a portata radio, il canale 16 ha iniziato a darci la dimensione della crisi che si stava consumando in mare: una richiesta di aiuto dopo l’altra, un continuo mayday relay da imbarcazioni e velivoli, delle autorità e della flotta civile.
Mercoledì pomeriggio, fra i molti casi di distress, ci siamo diretti verso una segnalazione di Colibrì, l’aereo di monitoraggio e ricerca di Pilotes Volontaires. In serata abbiamo avvistato una luce nel buio e alle 21 abbiamo calato in acqua i nostri gommoni. Abbiamo proceduto al salvataggio di una barca di ferro con a bordo 49 persone – stremate da tre giorni in mare. Appena messe al sicuro sulla ResQ People, è iniziato il secondo soccorso: un’altra imbarcazione di ferro con 48 persone, urlavano disperate perché la barca stava affondando velocemente. Abbiamo iniziato le manovre di stabilizzazione e guadagnato più tempo possibile, ma la barca era già piena d’acqua e sono finiti tutti in mare. Abbiamo soccorso e issato sui gommoni 47 persone. Purtroppo, abbiamo recuperato il corpo senza vita di una donna. Voleva portare la nipote in Europa: lei non ce l’ha fatta ma la bambina sì, è qui al sicuro sul ponte della ResQ People.
Poco dopo l’una di notte riportiamo i gommoni di soccorso sulla ResQ People e informiamo le autorità, che ci assegnano il porto sicuro di Trapani.
Navigando verso il porto assegnato, all’alba sentiamo le segnalazioni di un peschereccio verso Lampedusa radio e poco dopo avvistiamo la scena coi binocoli: è una barca di legno sovraccarica. Informiamo le autorità, che ci invitano a contattare l’unità della Guardia Costiera che è diretta lì. Li chiamiamo via radio e seguiamo le loro indicazioni; restiamo sul posto monitorando la barca fino al loro arrivo, poco dopo. Saluti e ringraziamenti, con braccia che si levano dai ponti e parole più formali via radio, e riprendiamo la nostra navigazione verso nord mentre la CP della Guardia Costiera procede al soccorso della barca di legno.
A bordo della nave ci prendiamo cura dei naufraghi: visite mediche, docce, pasti caldi, qualche chiacchiera, le informazioni essenziali e soprattutto sorrisi sinceri scambiati con persone che non ne vedevano da molto, troppo tempo.
Che cosa si prova su una nave di soccorso diretta verso un porto sicuro? Tante emozioni tutte insieme. Il sollievo di chi è stato letteralmente strappato dall’acqua e finalmente è salvo. È gioia, a tratti: quella di chi ha visto la morte in faccia, ma la morte dovrà tornare un altro giorno perché mercoledì notte c’era la ResQ People a mettersi in mezzo.
Ed è anche infinita tristezza: perché la seconda barca stava affondando, quando li abbiamo trovati, e una donna non ce l’ha fatta.
Quindi si ride e si piange, sul ponte di legno che riporta i naufraghi a terra, si mangia e ci si disseta, ci si fa visitare nella clinica, si fa la doccia, si dorme…si ricomincia a sperare.
“Thank you, merci, merci!” ci dicono tutti: il loro grazie lo giriamo a chi sostiene ResQ, perché se sono in salvo è grazie a tutte e tutti loro.
Dicono le Convenzioni internazionali che un soccorso si conclude con lo sbarco in un place of safety, un porto sicuro. Abbiamo attraccato al porto di Trapani e iniziato tutte le procedure per sbarcare le 96 persone che erano a bordo. Poi strette di mano, abbracci e qualche lacrima mentre uno dopo l’altro iniziano a scendere dalla passerella. Alle 18.12 l’ultimo dei naufraghi che erano a bordo della ResQ People ha messo piede sul molo di Trapani: possiamo considerare il soccorso concluso.
I sopravvissuti sono sbarcati, ma il nostro lavoro non è ancora finito. Dobbiamo pulire la nave, controllare tutto ciò che è stato consumato, danneggiato o perso, fare riunioni con l’equipaggio e organizzare l’arrivo dei nuovi volontari, tornare agli inventari, alle scorte e alla formazione… tutto ciò che serve per ripartire.
Salva persone insieme a noi: sostieni la nave con una donazione! E benvenuti a bordo!