A poche ore dalla partenza la ResQ People si è già trovata a dover soccorrere una barca in difficoltà: nella notte tra sabato e domenica, dopo una segnalazione arrivata sul Navtex, si è diretta verso un’imbarcazione in distress e ha salvato le 59 persone a bordo. Il barchino di legno su cui si trovavano era partito da Zuwara, Libia, ed era stato in mare per circa 24 ore: non avevano più acqua né cibo, e avevano finito la benzina.
Tra i 59 naufraghi soccorsi anche 6 donne, una in stato di avanzata gravidanza, e 17 minori. I sopravvissuti provengono prevalentemente da Siria, Somalia, Eritrea, Etiopia, Sudan e Egitto; ma anche Yemen, Nigeria, Libia, Gambia, Costa d’Avorio: un terribile atlante di guerre, persecuzioni e povertà. In serata, la ResQ People ha chiesto a tutte le autorità marittime competenti un porto sicuro dove sbarcare i naufraghi.
A bordo della nave ci prendiamo cura dei naufraghi. “Se la ResQ People non fosse stata in mare, forse sarebbero morti. Invece ora sono al sicuro” – racconta Lia Manzella, vicepresidente di ResQ. “Ed è stato possibile salvarli solo grazie alla generosità e all’impegno di tutte e tutti i cittadini che sostengono ResQ: grazie!”.
Abbiamo chiesto l’evacuazione medica di uno dei naufraghi a bordo della ResQ People: un ragazzo con gravi problemi di salute pregressi, che aveva bisogno di un ospedale con urgenza. Abbiamo perciò navigato verso Lampedusa, dove la Guardia Costiera italiana (grazie!) ci ha raggiunto e ha proceduto all’evacuazione del paziente.
In tarda mattinata abbiamo raccolto l’appello di Alarm Phone, che ha segnalato un caso di distress al confine tra zona SAR maltese e libica. Circa 100 miglia nautiche da noi, oltre 11 ore di navigazione: molto lontano, ma poiché in questi giorni siamo l’unica nave della flotta umanitaria civile in mare abbiamo deciso di mettere la prua a sud. Una corsa contro il tempo, purtroppo persa. Siamo arrivati nel luogo del distress, nei pressi della piattaforma di Sabratha, alle 20.30 circa e abbiamo trovato solo un gommone nero abbandonato: i libici avevano già intercettato i naufraghi. Salvati dal mare, per una volta, ma riportati all’orrore e riconsegnati al traffico di esseri umani. Come altre 25mila persone solo quest’anno (Leggi il racconto di Lia pubblicato su Domani)
A bordo della ResQ People ci prendiamo cura dei nostri ospiti: il medico e l’infermiera controllano tutti, c’è da preparare e distribuire la colazione, il pranzo e la cena, e bisogna anche trovare il modo di impegnare il tempo mentre siamo in attesa dell’indicazione di un porto di sbarco: oggi la nostra mediatrice culturale ha improvvisato una piccola lezione di italiano. “Io mi chiamo”, “Da dove vieni?”.
La ResQ People ha ricevuto l’indicazione di un porto sicuro dove sbarcare i 58 naufraghi ancora bordo e si è diretta verso Pozzallo, dove è arrivata nella tarda serata. A bordo è scoppiata la gioia: per essere stati salvati dall’acqua, per essere stati salvati dall’inferno libico, per la certezza – finalmente – che sbarcheranno in un porto sicuro e che nessuno li riporterà nelle mani dei trafficanti, come invece succede a chi viene respinto.
La ResQ People ha attraccato al molo di Pozzallo e le 58 persone che erano state soccorse nella notte fra sabato e domenica sono sbarcate. La nave con il suo equipaggio ha poi iniziato la sua quarantena all’ancora davanti al porto.
È solo con lo sbarco in un porto sicuro che si può considerare concluso un soccorso. È una grande emozione vedere queste persone scendere finalmente a terra, al sicuro. Si conclude così la seconda missione della ResQ People, iniziamo a lavorare per preparare la prossima: dateci una mano.