Ieri mattina presto, 15 dicembre, tra la Tunisia e Lampedusa, ci siamo imbattuti in una imbarcazione in vetroresina in pericolo. A bordo c’erano 63 persone, tra cui 6 minori: ora sono tutti in salvo sulla Resq People.
Dopo il salvataggio, non siamo invece riusciti a intervenire su una seconda barca in difficoltà: le autorità tunisine ci hanno impedito l’ingresso nelle acque territoriali. L’ultimo contatto con le 47 persone che da quell’imbarcazione chiedevano aiuto è di sabato sera intorno alle 23.30, quando hanno comunicato che una persona aveva perso la vita cadendo in acqua. Dopo il silenzio.
In poche ore di navigazione nelle acque internazionali del Mediterraneo Centrale, siamo stati testimoni via radio di almeno 349 persone che hanno cercato di attraversare il mare: qualcuno è stato soccorso, qualcuno è stato riportato alla violenza. Alcune persone sono annegate o sono state respinte illegalmente in Libia, verso gli stupri, le torture, la tratta di esseri umani grazie alle navi veloci e ai finanziamenti dell’Italia e dell’Europa.
Persone come noi. Persone che meritano gli stessi diritti.
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